Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia

Duccio Demetrio , Pierangelo Sequeri

Collana I Pellicani

  • Pubblicazione: 26 maggio 2016
  • Pagine: 120
  • Formato: 11x17
  • ISBN: 9788867085033
  • A cura di: Roberto Righetto, con la collaborazione di Lorenzo Fazzini
  • prezzo: € 12,50
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Il libro

La parola «misericordia» è oggi sinonimo di pietismo, paternalismo, buonismo. La virtù predicata da Gesù nel discorso della montagna è, per il comune sentire contemporaneo, un valore socialmente dubbio, sospetto quanto meno di falsa generosità e di altruismo autogratificante. Nel nostro mondo dominato dalla razionalità tecnologica si è infatti prodotta una separazione fra l’amore e la giustizia: il primo è diventato sentimentale e irrilevante, la seconda astratta e calcolatrice. E la nozione di carità, che originariamente traduce un tema di assoluta profondità teologica, è ridotta al banale significato di elemosina e beneficenza.

A sgomberare il campo da questi equivoci e fraintendimenti provvedono – in questo secondo volume della collana dedicata alle Beatitudini – un teologo e un filosofo. I due autori ricollocano la misericordia nel giusto ambito religioso e antropologico-culturale. Sequeri ne mette in rilievo il fondamento teologico, la sua profonda consonanza con l’agàpe (nell’accezione paolina, ripresa da Benedetto XVI nell’enciclica Deus caritas est). Demetrio, con un approccio più esistenziale, ne sottolinea il valore intimamente umano e universale, sia per i credenti sia per i non credenti «nobilmente pensosi».

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«Fino a che qualcuno avrà il coraggio di ripetere, senza imbarazzo o vergogna alcuna, pensando ai comandamenti di Dio e non ai precetti di Mammona, “rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori”, la misericordia dell’amore e della giustizia di Dio avrà la fede necessaria per rimanere in circolo».
– Pierangelo Sequeri

«La misericordia è compagna di ogni esistenza, misericordiosa o feroce. Non ha a che vedere soltanto con il sentire, con le lacrime per la nostra sorte o altrui. È un esercizio intellettuale e spirituale di fortezza e sobrietà con se stessi. È segno di una nobiltà d’animo sopravvissuta».
– Duccio Demetrio

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