«Che cos’era l’amore?» - un estratto dal libro

Un amore impossibile quanto tenace lega fin dall’infanzia Victoria, la figlia del castellano, e Johannes, il figlio del mugnaio.
In questo estratto dal libro, Knut Hamsun apre il capitolo con una domanda: che cos'era l'amore? È l'amore infatti, in tutte le molteplici declinazioni, a essere al centro di questo romanzo breve dell'autore.

Victoria di Knut Hamsun

Johannes ritornò in città. Gli anni e i giorni passarono, un periodo lungo e agitato di lavoro e di sogni, di lezioni e di versi. Aveva fatto molta strada, era riuscito a scrivere un poema su Ester, «una ragazza ebrea che divenne regina di Persia», opera che fu stampata e gli fu pagata. Un altro poema, Il labirinto d’amore, narrato dal monaco Vendt, fece conoscere il suo nome.

Già, che cos’era l’amore? Un vento che sussurra tra le rose, no, una gialla fosforescenza nel sangue. L’amore era una musica infernale che faceva danzare persino il cuore dei vecchi. Era come la margherita che si apre tutta al giungere della notte, era come l’anemone che si chiude a un soffio e muore se solo sfiorato.

Così era l’amore.

Poteva rovinare un uomo, risollevarlo, e marchiarlo a fuoco di nuovo; poteva amare oggi me, domani te, e un altro la notte dopo, tanto era incostante. Ma poteva anche resistere come un sigillo indistruttibile e fiammeggiare inestinguibile fino all’ora della morte, tanto era eterno. Quindi, com’era l’amore?

Oh, l’amore è una notte d’estate con in cielo stelle e profumi sulla terra. Ma perché spinge il giovane ad andare per vie nascoste e il vecchio a stare in punta di piedi nella sua stanza solitaria? Ahimè, l’amore rende il cuore dell’uomo una fungaia, un giardino lussureggiante e insolente dove crescono impudenti funghi misteriosi.

Non spinge forse il monaco ad aggirarsi furtivo di notte in giardini chiusi, a spiare dalla finestra le dormienti? E non ossessiona con la follia la monaca e oscura il discernimento della principessa? Fa piegare la testa del re nella polvere della strada, gliela fa spazzare con i capelli mentre bisbiglia tra sé parole licenziose e ride e tira fuori la lingua.

Così era l’amore.
No, non era neppure questo, era tutt’altro, nulla al mondo gli somiglia.

Giunse sulla terra in una notte di primavera quando un giovane vide due occhi, due occhi, e li guardò e li fissò. Baciò una bocca – fu come se due fiamme si incontrassero nel suo cuore, un sole che scintillava verso una stella. Cadde in un abbraccio, e nulla più vide, nulla più sentì al mondo.

L’amore è la prima parola di Dio, il primo pensiero che veleggiò per la sua mente. Quando disse «Sia fatta la luce!» l’amore fu. E tutto ciò che Lui aveva creato era davvero buono, e desiderò che nulla fosse distrutto. E l’amore fu l’origine del mondo e il suo dominatore; ma tutte le sue strade sono piene di fiori e di sangue, di fiori e di sangue.

Un giorno di settembre.
Quella strada fuori mano era dove andava a passeggiare; vi camminava come se fosse in camera sua, perché non vi incontrava mai nessuno, e su entrambi i marciapiedi si affacciavano giardini con alberi dalle foglie rosse e gialle. 
Come mai Victoria passava di lì? Cosa l’aveva portata da quelle parti? Non si sbagliava, era proprio lei; forse era lei anche a passare la sera prima quando aveva guardato fuori dalla finestra.
Il cuore gli batteva forte. Sapeva che Victoria era in città, l’aveva sentito dire; ma frequentava ambienti a cui il figlio del mugnaio non aveva accesso. Né aveva rapporti con Ditlef.
Si fece animo e andò incontro alla signorina. Non lo aveva riconosciuto? Camminava per la sua strada, seria e pensierosa, la testa alta e fiera sul lungo collo.
La salutò.
«Buongiorno» rispose molto piano.
Ma non sembrava volesse fermarsi e lui proseguì in silenzio. Le gambe gli tremavano. Alla fine della stradina si girò, come faceva di solito. Terrò gli occhi fissi sul marciapiede e non li alzerò, pensò. Solo dopo una decina di passi sollevò il viso.
Lei si era fermata davanti a una vetrina.
Avrebbe dovuto sgattaiolare nella strada contigua? Perché si era fermata lì? La vetrina era povera, una vetrinetta di una bottega che esponeva dei pezzi di sapone rosso disposti a croce, della farina d’orzo in un bicchiere, e alcuni francobolli usati in vendita.
Forse avrebbe potuto continuare per un’altra decina di passi e girarsi?
In quel momento Victoria lo guardò e d’un tratto gli andò incontro. Camminava veloce, come se avesse preso coraggio, e quando parlò ansimava. Sorrideva nervosa.
«Buongiorno, che piacere incontrarvi».

Dio, che lotta nel cuore; più che battere, tremava. Voleva dire qualcosa ma non ci riuscì, muoveva solo le labbra. Dall’abito di lei, dal suo vestito giallo proveniva un profumo, o forse era dalla sua bocca. In quel momento non aveva una percezione chiara dei suoi lineamenti, ma riconobbe il fine contorno delle spalle, la lunga mano affusolata sul manico del parasole. Era la mano destra e portava un anello.
Sul momento, non ci pensò né provò un senso di sventura.
Ma la sua mano era straordinariamente bella.

 

Il libro

Victoria

di Knut Hamsun
a cura di Luca Taglianetti